Che ne sapete di me e di Marcello…

Il 19 maggio alle ore 11 ci sarà a Livorno l’udienza con il
Gip, che dovrà decidere se chiudere definitivamente il caso di Marcello.

Sono ora sette anni che lotto per avere giustizia per la
morte di mio figlio Marcello. Nell’aula ci sarò io, il compagno di cella di
Marcello e due guardie penitenziarie. So che per me non sarà facile guardarle,
ma sono sicura che non eviterò i loro sguardi.

Tutto adesso dipenderà dal Gip Rinaldo Merani, colui che
archiviò nel 2004, perciò le speranze di avere giustizia per mio figlio sono
NULLE.

Ecco perchè ancora una volta ho bisogno della vostra
presenza, del vostro calore che in questi sette anni solo voi siete riusciti a
trasmettermi. Dirvi grazie è pochissimo per me, ma vi abbraccio, tutti quelli
che conosco, e anche le persone che mi hanno aiutato a sostenere le spese
medico-legali che non ho avuto il piacere di conoscere.

L’avvocato Matteo Dinelli dice che ci sono troppi elementi
che non tornano, come mette in risalto la perizia del mio medico legale Marco
Salvi di Genova: che durante l’esumazione della salma furono trovati frammenti
di vernice blu scura attaccati alla pelle sul buco in testa; e poi le lesioni
dietro le spalle… Ci sarebbero molti dubbi, ma la Procura archivia. Perché?

Sono sempre stata una mamma obbiettiva, mio figlio aveva
sbagliato e doveva pagare, era in carcere per scontare la sua pena. Lo Stato lo
ha preso e lo ha consegnato dentro una bara. Ora io non ci sto, chi ha
sbagliato deve pagare, la legge deve essere uguale per tutti no?? Se la Procura di Livorno mi
archivia non potrò più fare niente contro di loro, solo ricorrere in Cassazione
a Roma e poi a Strasburgo. Credetemi non sarà tanto facile perché se perdo a
Roma dovrò pagare tutte le spese del processo, e io adesso non sono in grado.
Alcuni ragazzi di Pisa hanno detto che faranno un concerto in piazza per
aiutarmi, li ringrazio sin d’ora per il pensiero, ma io vorrei che la Procura riconoscesse che
Marcello è stato ucciso! La verità non si può più nascondere, basta guardare le
foto, non è morte naturale come vogliono far apparire loro, basta insabbiamenti!

Hanno richiesto l’archiviazione motivandolo con il rapporto
tra me e mio figlio!! Che ne sanno loro di Marcello? Solo io posso dire tante
cose sul suo conto, ed è giunto il momento di buttare fuori tutto ciò che per
sette maledetti anni mi sono tenuta dentro, senza mai ribellarmi a coloro che
hanno puntato il dito su di me, facendo credere cose assurde sul rapporto fra
me e il mio Marcellino, come lo ho sempre chiamato io dal giorno che è nato.

Sapevo tutto quello che faceva, mi raccontava ogni cosa, pur
sapendo di ferirmi lui doveva parlare con me, era fatto così. Come mamma
certamente io non dicevo certo fai bene, cercavo di lavorare sodo per dargli i
soldi, per evitare che andasse a rubare, faceva uso di droga, ma oggi posso
ringraziarlo per il rispetto che mi ha sempre portato, perché io non l’ho mai
visto con una siringa, né in mano, tantomeno nel braccio. Ricordo una sera, mi
telefonò di andarlo a trovare, mi mise al corrente di un fatto molto serio, lo
pregai di non farlo, per ben un’ora e mezza a parlare con lui, a dissuaderlo ma
ne valse la pena, perché mio figlio mi ascoltò. Oggi non so se gli avrei detto
le stesse parole.

Era un ragazzo gioviale, rideva sempre, molto mammone come
tutti i maschi, ma sapeva che quando sbagliava io ero lì a riprenderlo. Mi
diceva sempre una frase: “te mamma vai sempre fino in fondo”. Ero e sono ancora
oggi così. Non lascio mai le cose a metà.

Lui viveva a Livorno, io a Pisa, due volte a settimana mi
chiamava solo per salutarmi, poi ero io che andavo da lui per portargli la
spesa e i soldi, siamo stati al ristorante insieme, mi ha fatto vedere quando
era rappresentante di orologi, era dispiaciuto quando era il mio compleanno e
non poteva farmi un regalo, ma già il suo bacio valeva per me più di cento
regali, e questo lui lo sapeva. Marcello era cresciuto con rispetto e
educazione, per fortuna è stato un bene che ha conservato.

Ora voglio dire a quei detenuti che hanno puntato il dito
contro di me, e alla Procura di Livorno, che voi non sapevate un bel niente del
nostro rapporto, né credo a una sola parola che avete messo nero su bianco
dicendo che lo diceva Marcello, perché mio figlio aveva troppo rispetto per
dire queste cose. Quello che invece sono sicura è che vi è stato imboccato di
dirle, ma a me non fanno poi tanto male. Ma non sporcate la memoria di mio
figlio, questo non lo permetto!

Per fortuna ci sono persone ancora pulite che non si fanno
corrompere, né si vendono ai giudici, né alle forze dell’ordine, e la
dimostrazione è stata il 16 gennaio a Livorno alla manifestazione. Coloro
credono come me che Marcello Lonzi è stato ucciso e come sempre tanto poi la
verità prima o poi viene fuori.

Come mamma ho il dovere di lottare ancora, lo devo a
Marcello, e sono sicura che guardandomi da lassù dirà: “lei va fino in fondo,
perché mia madre è fatta così, e io non voglio che cambi”.

 

Maria Ciuffi

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